Quella ingaggiata contro i cambiamenti climatici, è una lotta che non ammette ulteriori rinvii né battute d’arresto. A dimostrarlo anche i numeri raccolti da Legambiente. Ad oggi sono sei le regioni italiane che hanno dichiarato l’emergenza climatica e ambientale – Friuli Venezia Giulia, Puglia, Toscana, Liguria, Emilia-Romagna e Marche – insieme a 88 Comuni che, dalla Sicilia alla Valle d’Aosta, hanno dichiarato l’emergenza o presentato mozione per dichiararla.
Se nel 2019 l’associazione ambientalista ha registrato ben 157 eventi climatici di natura estrema in Italia, con 42 vittime, 85 casi di allagamenti da piogge intense, 54 casi di danni da trombe d’aria, cinque frane dovute a piogge intense e 16 esondazioni fluviali, anche il 2020 non è partito nel migliore dei modi. Da inizio anno, si contano due casi di danni da trombe d’aria, a Paternò (CT) e a Salerno, e due allagamenti da piogge intense, a Formia (LT) e a San Martino Valle Caudina (AV). Nelle settimane scorse, le raffiche di vento hanno invece superato i 100 km/h in Trentino Alto Adige (sfiorando i 165 km/h in alta montagna) e in Abruzzo, dove hanno raggiunto i 175 km/h sul Gran Sasso, accanto a temperature fuori stagione di oltre 25 gradi.
A livello globale, il mese scorso è stato il gennaio più caldo di sempre, battendo il primato del gennaio 2016. Ed è allarme siccità in Basilicata, dove il 31 gennaio le dighe lucane hanno registrato i livelli d’acqua più bassi degli ultimi 30 anni. Gennaio 2020 è stato inoltre il più secco nella storia della Sicilia. Caldo record anche in Sardegna, nei giorni scorsi, dove la colonnina di mercurio ha toccato i 27 gradi: una temperatura mai raggiunta sull’Isola a febbraio.
«L’emergenza climatica è globale e interconnessa: a partire dalle sue cause (modo di produrre energia, mobilità, industria, edilizia, agricoltura e allevamenti intensivi) alle sue conseguenze, quali eventi climatici estremi, rischio idrogeologico, migranti ambientali – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente -. La soluzione, al contrario, come racconteremo in questa edizione del Treno Verde, è interconnessa ma locale. Serve puntare sull’abbandono definitivo dei combustibili fossili, sulla rigenerazione urbana, su una mobilità sostenibile e a zero emissioni. L’Italia, però, è ancora lontana dal raggiungimento degli obiettivi prefissati. La strategia di adattamento ai cambiamenti climatici deve partire dalle città e coinvolgere le aree interne e la tutela delle foreste e del suolo. Il Piano Integrato Energia e Clima (PNIEC), recentemente adottato dal Governo, non rappresenta il drastico cambio di passo necessario per fronteggiare l’emergenza e accelerare la decarbonizzazione dell’economia italiana. Risponde solo ai requisiti minimi previsti dall’attuale normativa europea, già in via di ridiscussione per potersi adeguare all’ambizione richiesta dall’Accordo di Parigi e per rispettare la soglia critica di 1.5°C. Occorre iniziare a tradurre in realtà il Green New Deal mettendo in campo un’azione climatica molto più ambiziosa del PNIEC, partendo da una riduzione graduale e inesorabile dei sussidi alle fonti fossili. L’Italia e il clima non possono più continuare ad aspettare».