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Secondo il registro europeo E-PRTR, sono 8 i principali settori che, nel 2017, hanno contribuito ad emettere in atmosfera 135,1 milioni di tonnellate di CO2. Tra questi l’industria mineraria, chimica e metallurgica, ma quello che incide maggiormente è il settore energetico che da solo rappresenta il 74,9% delle emissioni totali di CO2. Impianti alimentati a fonti fossili: carbone, gas e olio combustibile, inquinanti e climalteranti.
I “nemici del clima” in Basilicata sono principalmente Eni e Total, per le loro politiche estrattive che mettono in pericoloso la salute dei cittadini lucani e l’ambiente.
Come è stato già sottolineato nella tappa siciliana del Treno Verde, Eni, azienda energetica a prevalente capitale pubblico, rappresenta un pericolo per la Basilicata e per il pianeta, almeno fino a quando le sue politiche non cambieranno radicalmente direzione di marcia.
Per la Basilicata e la Val d’Agri, dove si trova il Centro Olio di Viggiano, il ventennio appena terminato è stato caratterizzato da uno sviluppo negato. Anni in cui l’attività estrattiva di Eni ha messo a rischio la salute, le risorse naturali, l’economia e l’identità dei territori. Qui, dove negli anni ’90 è iniziato lo sfruttamento del giacimento a terra più importante d’Europa – con 38 pozzi, di cui di cui 22 eroganti – non si contano i casi di inquinamento e di incidenti importanti.
Per citare soltanto quello più eclatante, nel 2017, uno sversamento di idrocarburi ha interessato il centro di Viggiano e la falda sottostante, inducendo la Procura di Potenza ad avviare un’inchiesta (che ha portato a un arresto e diversi avvisi di garanzia) per danni ambientali, anche in seguito all’esposto di Legambiente, in linea con la legge sugli ecoreati.
Per Legambiente un altro “nemico del clima” in Basilicata è Total-Shell, per l’avvio imminente dell’attività di estrazione nel centro oli di Tempa Rossa, nell’alta Valle del Sauro, tra i Comuni di Corleta Perticara e Gorgoglione (Potenza).
Con l’emergenza climatica in atto e un dibattito pubblico sempre più orientato alla sostenibilità ambientale, è antistorico e anacronistico continuare a investire sul petrolio, trivellando territori come quelli in Basilicata, che meriterebbero ben altri piani di sviluppo economico e sociale: “L’emergenza climatica non può più aspettare, se vogliamo affrontarla dobbiamo partire dalle sue cause principali, ovvero le fonti fossili, che devono rimanere sottoterra – afferma il portavoce del Treno Verde, Mattia Lolli – purtroppo Eni e Total, sembrano non averlo capito e continuano a portare avanti progetti di estrazione di petrolio in tutto il mondo”.
“È arrivato il momento che le nostre istituzioni, locali e nazionali, diano seguito ai loro impegni e impongano un cambio netto nella politica energetica italiana ed europea, che creerebbe nuovo lavoro, tutelando ambiente e salute. Il tempo delle promesse e delle fossili e finito, perché il futuro è rinnovabile”, conclude Lolli.
Sono 4 le principali attività industriali produttive della regione Basilicata, responsabili di circa 1,5 milioni di tonnellate di CO2 emesse in atmosfera, ad opera di quattro impianti: due cementifici (l’Italcementi di Matera e la cementeria Costantinopoli Srl di Barile, in provincia di Potenza), un impianto estrattivo (il Centro Olio Val d’Agri di Viggiano, in provincia di Potenza) e una centrale termoelettrica, di San Nicola di Melfi (Potenza).
Il sito più climalterante è il Centro Olio Val d’Agri di Viggiano con 610 mila tonnellate di CO2 annue, seguito dal cementificio Italcementi di Matera.